Il diritto d’autore: che cosa è

Per diritto d’autore si intende l’istituto giuridico nato con lo scopo di tutelare l’atto creativo, cioè il lavoro e l’investimento fatto da un individuo, e di proteggere l’attività intellettuale.

L’istituto riconosce quindi all’autore svariati diritti, morali (senza data di scadenza, come il diritto alla paternità dell’opera, il diritto al ritiro dell’opera dal commercio e il diritto all’integrità dell’opera) e patrimoniali, che gli permettono di sfruttare la sua opera da un punto di vista commerciale, ricavandone dei profitti e che valgono fino a 70 anni dopo la morte del suo autore.

Lo scopo, quindi, è quello di favorire la creazione e incoraggiare la creatività e il desiderio di produrre opere intellettuali di valore.

Da ciò si deduce che il diritto d’autore tutela unicamente quelle opere cosiddette creative e legate ad una produzione di ingegno da parte dell’autore (come ad esempio composizioni musicali, opere letterarie, film, fotografie, ecc.). 

Normativa di riferimento

​La normativa di riferimento per quanto riguarda la tutela delle opere creative è la legge n. 633 del 1941, altrimenti detta “Legge sulla protezione del diritto d’autore”. Anche nel Codice Civile troviamo riferimenti giuridici al diritto d’autore: in particolare l’art. 2575 afferma che “Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

Nel corso degli anni la legge 633 è stata modificata svariate volte, per recepire le diverse direttive dell’UE, nonché per adattarsi alle nuove strategie della Commissione europea atte a garantire l’accesso alle attività online per privati e imprese in condizioni di concorrenza leale, protezione dei consumatori e dei dati, rimozione dei blocchi geografici e dei diritti d’autore. 

La Direttiva UE 2019

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno emanato la Direttiva (UE) 2019/790 il 17 aprile 2019 in materia di diritto d’autore e di diritti connessi nel mercato unico digitale (anche detta “Direttiva Copyright”) è il frutto della consapevolezza che gli strumenti digitali hanno rivoluzionato la modalità di fruizione delle opere tutelate dal diritto d’autore. La Direttiva nasce dunque per tutelare maggiormente gli autori delle opere e gli editori, armonizzando il quadro normativo europeo del diritto d’autore e applicandolo alle nuove tecnologie e ad internet. Trattasi di un pilastro della Strategia per il Mercato Unico Digitale, annunciata dalla Commissione già nel 2015, che si pone l’obbiettivo di favorire la crescita dell’economia digitale nell’Unione Europea, garantendo ad imprese e consumatori un migliore accesso a beni e servizi digitali. 

L’Italia, recependo la suddetta direttiva, è intervenuta adottando il D.lgs. 8 novembre 2021, n. 177, entrato formalmente in vigore il 12 dicembre scorso.

La norma ha apportato significative modifiche alla Legge n. 633 del 22 aprile 1941  sul diritto d’autore e sugli altri diritti connessi al suo esercizio, con particolare riferimento agli utilizzi digitali delle opere e dei contenuti oggetto di protezione, introducendo di fatto nuove disposizioni finalizzate non solo ad assicurare una equa remunerazione per gli autori e gli editori di giornali ma rendendo più trasparenti le relazioni con le piattaforme online.

Sono inoltre state emanate norme riguardanti le eccezioni e le limitazioni al diritto d’autore, i diritti connessi, le agevolazioni rispetto all’ottenimento di licenze, oltre a disposizioni finalizzate ad assicurare il buon funzionamento del mercato per lo sfruttamento delle opere e degli altri materiali. Esaminiamo in questo breve excursus due delle fondamentali novità introdotte dalla Direttiva UE.

Il nuovo diritto connesso degli editori e l’equo compenso per l’utilizzo online di pubblicazioni giornalistiche (art. 15 Direttiva; artt. 43 bis Legge sul diritto d’autore)

La prima importante novità derivante dall’attuazione della Direttiva (UE) 2019/790 ad opera del D.lgs. n. 177/2021 riguarda le pubblicazioni di carattere giornalistico.

L’art. 15 della Direttiva ha introdotto un nuovo bilanciamento dei diritti di cui sono titolari, da un lato, i c.d. gestori dei servizi della società dell’informazione, e dall’altro, gli editori e gli autori delle opere di carattere giornalistico. 

Nello specifico, la direttiva introduce in favore degli editori di giornali, e nei confronti dei prestatori di servizi della società dell’informazione – quali aggregatori automatici di notizie – un diritto connesso al diritto d’autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico online delle opere di carattere giornalistico; gli aggregatori automatici di notizie fungono, infatti, da veri e propri intermediari tra gli utenti e l’editore, facilitando la ricerca delle notizie sul web tramite l’utilizzo di parti di articoli quali, ad esempio, il titolo, un breve estratto o un’immagine.

Il nuovo diritto degli editori

Il Legislatore italiano ha recepito l’articolo introducendo nella Legge 633/1941 l’art. 43 bis, che riconosce agli editori di pubblicazioni giornalistiche in forma singola, associata o consorziata, i diritti esclusivi di riproduzione e comunicazione di cui all’art. 13 e 16 della medesima legge. I citati diritti possono essere esercitati per l’utilizzo on-line delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società di informazione di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), del D.lgs. n. 223/2017 (i.e. qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi) i quali, sempre ai sensi dell’art. 43 bis, devono riconoscere agli editori un equo compenso per l’utilizzo online delle loro opere (art. 43 bis, c. 8). Tali diritti hanno una durata di 2 anni, a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione dell’opera. Resta salvo l’uso privato e non commerciale da parte di singoli utilizzatori o l’utilizzo di collegamenti ipertestuali, singole parole o estratti molto brevi, che è permesso senza bisogno di autorizzazione, come prescrive il comma 6 dell’art. 43 bis. Sono inoltre escluse dall’applicazione dell’articolo le pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse per la prima volta in data anteriore al 6 giugno 2019.

Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della disposizione (dunque entro il 10/02/2022) l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) avrebbe dovuto adottare un regolamento per l’individuazione dei criteri di riferimento per l’equo compenso, al fine di offrire alla contrattazione delle parti una valida gamma di strumenti per la conduzione delle trattative, improntandoli ai principi di correttezza e buona fede. Ad oggi tuttavia il suddetto regolamento non è ancora stato adottato.

L’equo compenso 

La determinazione dell’equo compenso, infatti, passa necessariamente attraverso la stipula di un contratto avente ad oggetto l’utilizzo dei diritti di riproduzione e comunicazione: sempre l’art. 43 bis prevede che siano le parti in gioco (appunto, i prestatori di servizi della società dell’informazione e gli editori stessi) a negoziare il compenso, tenendo conto dei criteri stabiliti dall’AGCOM nel regolamento e che includono, tra l’altro, il numero di consultazioni online dell’opera, gli anni di attività e la rilevanza sul mercato degli editori, il numero di giornalisti impiegati e i costi e benefici per le piattaforme online e gli editori coinvolti.

Inoltre, nel caso in cui le parti non riescano a raggiungere un accordo nel termine di 30 giorni, sarà proprio l’AGCOM, su domanda di una delle stesse, a determinare l’ammontare dell’equo compenso in base ai criteri su descritti. Qualora non sia possibile giungere a un accordo neanche dopo l’intervento dell’Autorità Garante, la parte interessata potrà agire in giudizio innanzi alle sezioni specializzate in materia di impresa (art. 43 bis, c. 11).

Durante la fase precontrattuale, l’art. 43 bis vieta ai prestatori di servizi della società dell’informazione di limitare la visibilità dei contenuti degli editori nei risultati di ricerca nel corso dello svolgimento della negoziazione. L’ingiustificata limitazione dei contenuti durante le trattative può infatti essere valutata ai fini della verifica del rispetto dell’obbligo di buona fede ex art. 1337 c.c.

Per permettere agli editori di determinare la misura dell’equo compenso, il legislatore italiano ha altresì introdotto degli obblighi di disclosure in capo alle piattaforme online, le quali devono mettere a disposizione, su richiesta della parte interessata o dell’AGCOM, ogni dato idoneo a determinare la misura dell’equo compenso (art. 43 bis, c. 12). In caso di mancata comunicazione entro il termine di 30 giorni, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria per un ammontante calcolato sino all’1% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione.

La nuova disciplina sull’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione online (art. 17 Direttiva; artt. 102 sexies – 102 decies Legge sul diritto d’autore)

Per effetto dell’attuazione della Direttiva (UE) 2019/790 da parte del D.lgs. n. 177/2021 sono state introdotte specifiche disposizioni relative all’utilizzo di contenuti protetti da parte dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti on-line: è stato infatti introdotto il Titolo II-quater alla Legge n. 633/1941.

La nuova disciplina prevede espressamente che i prestatori di servizi di condivisione online (la cui definizione è contenuta nello stesso art. 102 sexies) effettuino un atto di comunicazione o messa a disposizione del pubblico, quando concedono l’accesso a opere protette dal diritto d’autore e caricate sul web dai propri utenti (art. 102 sexies).

Per rendere accessibili al pubblico opere e materiali protetti, dunque, le piattaforme di condivisione online dovranno ottenere, anche mediante la conclusione di un accordo di licenza, l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore. Tale autorizzazione, per espressa previsione normativa, include anche gli atti compiuti dagli utenti che non agiscono per scopi commerciali e la cui attività non genera ricavi significativi.

Inoltre, in tali ipotesi non si applica il regime di esenzione di responsabilità previsto dal D.Lgs. n. 70/2003 per i c.d. hosting service provider.

In mancanza di tale autorizzazione, infatti, i prestatori di servizi di condivisione possono essere ritenuti responsabili per gli atti non autorizzati compiuti dai propri utenti, salvo che non dimostrino di aver soddisfatto cumulativamente tre condizioni:

(i) aver compiuto i massimi sforzi per ottenere l’autorizzazione;

(ii) aver compiuto i massimi sforzi per assicurare che non siano rese disponibili opere e materiali per i quali hanno ricevuto dai titolari del diritto d’autore le informazioni pertinenti e necessarie;

(iii) avere agito tempestivamente, dopo la ricezione di una segnalazione sufficientemente motivata da parte dei titolari dei diritti violati, per disabilitare l’accesso o rimuovere dal proprio sito web le opere o i materiali coinvolti (art. 102-septies l.d.a.).

La clausola di esenzione di responsabilità non trova applicazione quando il prestatore pone in essere atti diretti a facilitare la pirateria in materia di diritto d’autore.

 

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