Il Concordato minore (già accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinato dagli artt. 10 a 12 della L. 3/2012) è anch’esso, come la ristrutturazione dei debiti del consumatore, inserito tra gli strumenti volti a regolare e fronteggiare una crisi da sovraindebitamento. Tale procedura trova disciplina nel CCI dall’art. 74 all’art. 83.

Il concordato minore è la nuova denominazione utilizzata dal codice della crisi per regolare la procedura concorsuale prevista per il soggetto non fallibile, la cui insolvenza non è neppure caratterizzata da obbligazioni sorte al di fuori di un’attività imprenditoriale o professionale: infatti, tale procedura si distacca vivamente dal suo predecessore, contenuto nella oramai ex L. 3/2012, ovvero l’accordo di composizione della crisi. Nel concordato minore, infatti, non soltanto non è più prevista l’universalità soggettiva dell’istituto, ma soprattutto perché è stata modificata la disciplina avvicinandola a quella prevista per le procedure “maggiori” contemplate dal codice.

Inizialmente l’Accordo di composizione della crisi prevedeva un accordo concepito sulla falsariga di una procedura ex art. 182-bis l. Fall., da ciò derivava il carattere negoziale di tale procedura, posto che per l’appunto i creditori avrebbero potuto aderire alla proposta del debitore, ma, in difetto, avrebbero dovuto essere integralmente soddisfatti. Questo primo step negoziale è stato successivamente superato già con il D.L. 179/2012, il quale assimilava la suddetta procedura, non tanto ad un accordo ex 182-bis, ma quanto piuttosto ad una procedura di concordato preventivo: passando per l’appunto all’approvazione della proposta ad opera della maggioranza qualificata dei creditori (60% dei creditori ammessi al voto), vincolante anche per i creditori dissenzienti, con un conseguente effetto esdebitatorio e soccombente alla volontà della maggioranza, anche per questi ultimi.

Tale prima modifica, e dunque prima equiparazione dell’oramai ex accordo di composizione della crisi, è stata poi ultimata con l’entrata in vigore del vigente Codice della crisi, il quale ha voluto completare il processo evolutivo dell’istituto, anche dal punto di vista nominalistico, eliminando la possibilità di accedervi al consumatore1, caratterizzate in particolare dallo svolgimento di un’attività produttiva (imprenditoriale o professionale). Tale intervento ha completato la trasformazione della procedura, nata quale negoziazione, in una procedura oggi equiparata a tutti gli effetti ad una concorsuale; ed il legislatore si è voluto soffermare principalmente su tre elementi fondamentali:

– il richiamo alla procedura di concordato preventivo;

– il mantenimento di una disciplina peculiare dettata dall’esigenza di tutelare le particolarità dell’imprenditore minore e del professionista rispetto all’imprenditore maggiore;

– una preferenza per una continuità dell’attività di impresa o professionale2;

L’inquadramento della normativa in esame si è reso necessario al fine di meglio comprendere l’impostazione che il legislatore ha voluto dare alla procedura di concordato minore.

Tipologie di Concordato Minore e contenuto della proposta

L’articolo 74 del C.C.I.I. delinea quelle che possono essere le procedure di concordato previste per i debitori di cui all’art. 2, co. 1, let. c), in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore3. Infatti, l’articolo in commento delinea 2 possibili proposte di concordato minore, vale a dire il concordato minore in continuità4 e quello liquidatorio5.

Nel dettaglio, si può parlare di concordato in continuità, di cui al primo comma dell’art. summenzionato, quando dalla sua omologa l’indebitato è in grado di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. La continuità richiesta al primo comma, mancando una norma che la impedisca, potrà essere anche una continuità indiretta. Si deve, tuttavia, sottolineare che, anche in ipotesi di continuità, il soddisfacimento dev’essere riferito al credito, e perciò in forma necessariamente pecuniaria, seppur vero è che la norma alluda al soddisfacimento “attraverso qualsiasi forma”, ma il riferimento è al credito e non ai creditori, come già detto anche per la ristrutturazione dei debiti del consumatore,

Viceversa, il secondo comma dell’articolo disciplina il c.d. concordato liquidatorio quando la proposta di concordato mira soltanto a liquidare l’attività professionale o imprenditoriale, e dunque senza garantire la continuità della stessa, ma in tal caso è necessario un apporto esterno di capitali tali che possano aumentare in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori, rispetto all’alternativa liquidatoria di cui all’art. 268 CCI e ss.. Circa l’entità di tale aggiunta, la norma si limita a disporre che la stessa dev’essere “apprezzabile”, il che significa che la comparazione tra la percentuale che sarebbe soddisfatta tramite la mera liquidazione e quella tramite la finanza esterna deve essere non irrisoria, accantonandosi così per questa procedura la misura minima del 10% stabilita invece dall’art. 84 CCi per il concordato preventivo liquidatorio, e consentendo un soddisfacimento minore (o anche sganciato da una definizione dello stesso in termini percentuali, per far riferimento a valori anche assoluti, ma si deve in ogni caso tenere di conto che tali valori debbano essere sempre aggiuntivi rispetto al valore dei beni liquidabili facenti parte del patrimonio del debitore in misura non irrisoria). Questa differenza entrerà ovviamente nella verifica di ammissibilità del concordato, e non sarà quindi lasciato all’iniziativa dei creditori in sede di contestazione. Altresì il Giudice, nell’effettuare la verifica, non potrà negare l’ammissibilità ritenendo che l’eventuale continuità avrebbe dato risultati migliori, poiché è evidente che il giudizio di maggior soddisfacimento dev’essere effettuato attraverso la comparazione con l’alternativa liquidatoria.

Il comma terzo delinea come deve essere formulata la proposta e nello specifico dispone che la proposta di concordato minore deve:

– avere contenuto libero;

– indicare in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e eventualmente prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma6.

L’assimilazione alle procedure “maggiori”, e precisamente al concordato preventivo, è resa evidente dal successivo comma quarto, il quale riporta che “per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo in quanto compatibili”, ovvero le disposizioni del concordato preventivo.

La domanda di concordato e le modalità di presentazione

La domanda di concordato è disciplinata dall’articolo 75, il quale delinea quale debba essere la documentazione che deve essere allegata alla domanda di concordato minore nonché il trattamento dei crediti privilegiati, specificando al suo primo comma che, il debitore deve allegare alla domanda:

– il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attività ha avuto minor durata;

– una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria;

– l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute e l’indicazione del domicilio digitale;

– gli atti di straordinaria amministrazione di cui all’art. 94, co. 2, compiuti negli ultimi cinque anni7.

La proposta di concordato altresì, può prevedere che “i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, […]8”, ovvero di quanto già previsto in precedenza dall’art. 7, comma 1 l. n. 3/2012 e dall’art. 160 l. fall..

La garanzia cui allude la norma attiene evidentemente a quanto ricavabile dal piano e dalle relative previsioni, e pertanto la stessa rientra pienamente nella verifica di fattibilità economica. Il rinvio alla disciplina del concordato preventivo prevede altresì di ricavare che, anche al concordato minore, si applica l’art. 97 CCI, per cui è applicabile anche l’art. 153, grazie al rinvio operato dal precedente articolo. Quest’ultimo dispone che i creditori garantiti da pegno, ipoteca o privilegio fanno valere il loro diritto sul prezzo dei beni vincolati per capitale, interessi e spese, e se non sono soddisfatti integralmente concorrono per quanto è ancora loro dovuto come creditori chirografi. Ciò significa che, nonostante il piano preveda come limite al soddisfacimento l’importo indicato dall’attestatore, lo stesso non può destinare ad altri l’eventuale eccedenza, che, invece, deve essere sempre e comunque assicurata ai privilegiati, per i quali anzi, si deve prevedere una percentuale di soddisfacimento, anche relativamente alla porzione incapiente, degradata a chirografo, sempre che non vi sia un diverso accordo con i creditori.

L’ultimo comma dell’articolo in commento dispone che “quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data” […]”

Diversamente da quanto accade per l’analoga disposizione dettata in tema di ristrutturazione dei debiti del consumatore con riferimento alla casa che costituisce abitazione principale, si richiede qui anche un’attestazione da parte dell’OCC relativa al fatto che il credito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione e che il pagamento delle rate non leda gli altri creditori.

La domanda di concordato deve essere presentata secondo modalità ben definite: l’art. 76 CCI disciplina tale fase correlandola all’attività che deve porre in essere l’OCC, costituito nel circondario del Tribunale competente9.

Occorre preliminarmente evidenziare il diverso verbo utilizzato dalla disposizione rispetto all’art. 68: infatti, se per la ristrutturazione dei debiti del consumatore è la domanda a dover essere presentata dall’OCC10, qui la stessa risulta solo “formulata” dallo stesso, in quanto al deposito deve pensare il difensore. Inoltre, trattandosi di un atto processuale per il quale occorre la difesa tecnica, lo stesso ricorso è di competenza del difensore, mentre l’OCC si limiterà alla formulazione del piano e degli aspetti tecnici della proposta.

Alla domanda di cui sopra deve essere allegata una relazione particolareggiata da parte dell’OCC, la quale deve comprendere:

  1. L’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;

  2. L’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;

  3. L’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

  4. La valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, nonché sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria;

  5. L’indicazione presumibile dei costi della procedura;

  6. La percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori;

  7. L’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta

Tale relazione, corredata dalla domanda, al pari di quella prevista dall’art. 68 CCI per la ristrutturazione dei debiti del consumatore, finisce per avere il contenuto dell’attestazione tipica del concordato preventivo e quella che il commissario predisponeva in sede di ammissione sempre della suddetta procedura “maggiore”.

I commi 3,4,5 e 6 dell’articolo in esame statuiscono l’attività di presentazione della domanda e l’attività conseguenziale dell’OCC.

L’OCC, infatti, nella relazione che è chiamato a redigere, deve valutare se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del o dei finanziamenti, abbia tenuto di conto del merito creditizio11. A seguito del conferimento ed entro sette giorni altresì, l’OCC deve darne notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, i quali entro quindici giorni12 debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti.

Il quinto comma dispone quelli che sono gli effetti della domanda di concordato preventivo, la quale, ci dice il codice, sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli art. 2749, 2788 e 2855 del C.C.. Il tutto, come precisato dalla norma, ai soli effetti del concorso, per cui l’eventuale declaratoria di inammissibilità del concordato minore comporterà la piena riconoscibilità di tali interessi al di fuori della procedura.

Il Procedimento si svolge dinanzi al Tribunale in composizione monocratica13.

L’apertura della procedura di concordato e la sua approvazione

L’art. 77 del CCI mina l’inammissibilità della domanda di concordato minore e nello specifico dispone che è inammissibile se mancano i documenti di cui agli art. 75 e 76, e il debitore presenta requisiti dimensionali che eccedono i limiti di cui all’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1), 2) e 3), se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte o se risultano commessi atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Si rende sul punto necessario fare alcune precisazioni in merito ai requisiti dimensionali: infatti, si deve ricordare che in caso di domanda di liquidazione giudiziale, incombe sempre al debitore la prova dell’insussistenza degli stessi, per cui in caso di assenza della prova relativa all’apertura dovrà essere pronunciata, concorrendo ovviamente gli altri requisiti. Poiché tuttavia la domanda di concordato minore viene presentata dal debitore, incombe a questo la prova di essere da un lato un professionista14 o un imprenditore sottosoglia15.

Ai fini di dare una concisa spiegazione degli atti in frode, si rende doveroso precisare che questi non dipendono solo dalla verifica documentale, infatti, solo l’indicazione degli atti di straordinaria amministrazione disposti compiuti negli ultimi cinque anni (Art. 75, co. 1, lett. d), e di quelli di cui all’art. 76 (lett. c), sono in sé indice di attività fraudolenta antecedente, ma non ancora la prova della stessa, potendosi trattare di atti posti in essere in difetto dei requisiti di revocabilità di cui all’art. 2901 c.c..

Il fatto che per classificare un atto quale atto in frode è sufficiente che questo sia diretto a frodare le ragioni dei creditori, attribuisce rilievo ostativo al giudizio di ammissibilità anche ove gli stessi non siano stati poi idonei a giungere alle conseguenze volute. Per tale la rilevanza dell’atto in frode non è tanto ricollegabile nel caso in esame ad un giudizio di meritevolezza, sibbene alla solita verifica dell’affidabilità del piano e della proposta.

Con riferimento agli atti sopravvenuti in corso di procedura o in occasione della presentazione della stessa, si può far capo a quanto si osserva a proposito dell’analoga nozione prevista dall’art. 82, con l’accezione che anche gli atti posti in essere senza le debite autorizzazioni potrebbero rientrare in tale definizione, ma probabilmente solo se caratterizzati da frode, sia perché l’ipotesi specifica non viene richiamata nell’articolo in esame, sia, e forse il motivo principale, perché la sanzione in sé per l’atto non autorizzato è costituita dall’inefficacia di cui all’art. 78, comma 5.

Il procedimento di ammissione è regolato dall’art. 78 CCI, il quale porta al decreto di apertura del procedimento. La norma dunque stabilisce il contenuto di tale decreto, con particolare riferimento alla sua pubblicazione, alla trascrizione, al termine per votare, alle misure protettive, alla sorte degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e non autorizzati. Infatti, il Giudice, se la domanda è ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo e dispone la comunicazione, a cura dell’OCC, a tutti i creditori della proposta e del decreto. Con il suddetto decreto, il Giudice deve:

– disporre la pubblicazione del decreto mediante inserimento in apposita area del sito web del Tribunale o del Ministero della giustizia e nel registro delle imprese se il debitore svolge attività d’impresa;

– ordinare, ove il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti;

– assegnare ai creditori un termine non superiore a trenta giorni entro il quale devono fare pervenire all’OCC, a mezzo posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato ai sensi dell’articolo 1, comma 1-ter del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni;

– su istanza del debitore, disporre che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventi definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore16.

I commi successivi riguardano prettamente il procedimento e la nomina del commissario giudiziale: infatti, il comma 2-bis dispone che con il decreto di cui al comma 1, il Giudice nomina il commissario giudiziale perché svolga, a partire da quel momento, le funzioni dell’OCC se:

a) è stata disposta la sospensione generale delle azioni esecutive individuali e la nomina appare necessaria per tutelare gli interessi delle parti;

b) è proposta domanda di concordato in continuità aziendale;

c) la nomina è richiesta dal debitore.

L’art. 78 dispone una rilevante novità con riferimento alla figura dell’OCC17, nel senso che, in deroga alla disposizione generale di cui all’art. 65, co. 318, ha stabilito, al comma 2-bis, che con il decreto di apertura, il Giudice nomina il commissario giudiziale perché svolta, a partire da quel momento le funzioni dell’OCC in alcune, precise ipotesi, che tendenzialmente quasi esauriscono tutte le ipotesi di concordato minore. La disposizione cioè prevede una nomina giudiziale evidentemente in capo ad un soggetto diverso dall’OCC, ritenendo che la professionalità richiesta in tali casi sia differente rispetto a quella di tale figura e ciò in palese deroga e/o contrasto con quanto statuito nelle disposizioni generali del capo dedicato alle procedure della crisi da sovraindebitamento.

Ai fini dell’omologa del concordato e dunque della sua approvazione, l’art. 78 CCi delinea il computo delle maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato minore; l’influenza della formazione delle classi ai fini del relativo computo; le esclusioni dal voto; il principio del silenzio-assenso; gli effetti dell’approvazione sui soci illimitatamente responsabili e, infine, il fatto che l’approvazione non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei cooblligati.

Il legislatore ha scelto, come per il concordato preventivo, di accogliere il principio maggioritario. Dunque, anche per il concordato minore vale il principio secondo cui anche dopo il voto, lo stesso non ha natura contrattuale, mancando nella fase ammissiva qualsiasi spazio di negoziazione per i creditori, mentre i controlli del Tribunale sono sempre ammessi: Tribunale al quale vengono rilasciati poteri officiosi19 nonché autorizzatori20.

Nel concordato minore, differentemente dalla disciplina prevista nell’oramai ex accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, la maggioranza necessaria non è più del 60%, ma è stata ridotta al 50% +121. Nel caso in cui, diversamente, vi è un unico creditore che ha un credito superiore alla maggioranza, allora si considera la maggioranza anche “per teste”22. Infine, nel caso in cui vi sia prevista una divisione in classi dei creditori, l’eventuale maggioranza necessaria “è raggiunta anche nel maggior numero di classi23.

Il secondo comma dell’articolo in commento disciplina quali creditori non sono ammessi al voto ed infatti, non vengono computati ai fini del raggiungimento delle maggioranze il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore di cui alla legge 76/2016, i parenti e gli affini del debitore entro il quarto grado, la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della domanda. Sono altresì esclusi, a mente del suddetto comma, i creditori in conflitto di interessi. La ratio di tale istituto si può rinvenire nel principio di trasparenza del processo formativo della volontà dei creditori.

In caso di mancata comunicazione all’OCC da parte dei creditori nel termine loro assegnato, vale la regola del silenzio-assenzo e ciò al fine di celerità e speditezza della procedura che non può interrompersi per mere dimenticanze o prese di posizione dei creditori24.

Il successivo quarto comma prevede letteralmente che il concordato minore produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili, precisandosi che è fatto salvo il patto contrario25.

Il comma conclusivo dispone che l’efficacia del concordato minore non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso, salvo diversamente stabilito.

L’omologazione

L’omologazione del concordato minore è disciplinata all’art. 80 CCI il quale enuclea il procedimento di omologazione e l’eventuale contestazione in ordine alla convenienza della proposta. Si stabilisce altresì, la conseguenza in caso di rigetto della domanda di omologazione, consistente nell’apertura della procedura di liquidazione controllata, nonchè il regime di impugnabilità del decreto, consistente nel reclamo ex art. 50 CCI.

Nel caso in cui uno dei creditori “o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice, sentiti il debitore e l’OCC, omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria”. Viene altresì previsto il c.d. “Cram Down”, ovvero il potere conferito al Giudice di omologare il concordato minore anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all’art. 79, comma 1 e/o anche nel caso in cui, dalla relazione dell’OCC, emerge che la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria26.

Il giudizio di cui all’art. 76, comma 3, che riguarda l’eventuale responsabilità dell’ente finanziatore e/o terzo che ha colposamente determinato la situazione di indebitamento e/o l’aggravamento del suo stato, anche se dissenziente alla proposta di concordato minore, è motivo per cui lo stesso creditore non possa presentare opposizione in sede di omologa per contestare l’eventuale convenienza della proposta.

Nel caso invece, in cui il Giudice non dovesse ritenere ammissibile la procedura in esame e dunque rigettare la domanda di omologa, dichiara con decreto motivato l’inefficacia delle misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata ex art. 268 CCI. Quest’ultima istanza, in caso si dovessero rinvenire ipotesi di atti in frode, può essere presentata anche da un creditore o dal pubblico ministero.

Esecuzioni ed eventuali Inadempimenti

L’esecuzione della procedura di concordato minore viene disciplinata dagli art. 81 e s.s. CCI, i quali stabiliscono regole del tutto analoghe a quelle proprie della ristrutturazione dei debiti del consumatore27, salvo alcune particolarità.

In prima analisi si pone una prima questione relativamente alle funzioni dell’OCC, ovvero se egli nella fase esecutiva debba svolgere le mansioni affidate al commissario dalle corrispondenti norme del concordato preventivo. L’OCC è chiamato a svolgere i compiti specificamente stabiliti dall’art. 81, fermo restando il suo obbligo di riferire al giudice ogni circostanza rilevante ai fini della revoca dell’omologazione, ma come stabilito espressamente all’art. 82, comma 2.

Nel caso in cui il concordato dovesse prevedere una liquidazione di asset e/o beni, il liquidatore dovrà procedere in prima persona alle vendite competitive, nominando egli gli eventuali soggetti specializzati, altrimenti dovrà collaborare col debitore nei termini di cui all’art. 71 CCI. Dunque l’esecuzione del concordato liquidatorio o della porzione liquidatoria di quello in continuità può essere affidata all’imprenditore o al professionista, salvo non vi sia la nomina dell’OCC quale liquidatore. L’OCC ha il computo di vigilare sull’esecuzione del concordato.

Altra particolarità potrebbe essere costituita dal diverso tenore della previsione della stima28, che qui non dev’essere semplicemente condivisa, il che pare sia aldilà del tenore letterale visto che si prevede che l’OCC debba collaborare all’esecuzione e quindi anche alla nomina dello stimatore, ma effettuata anche da operatori esperti. In sostanza in caso di vendite competitive vi deve essere una pubblicità adeguata, una stima del bene da parte di un esperto e una scelta del contrante in base a criteri predeterminati e trasparenti.

Terminata l’esecuzione – continua il quarto comma dell’articolo in commento – l’OCC, sentito il debitore, presenta al giudice una relazione finale. Il giudice, se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, procede alla liquidazione del compenso all’OCC, tenuto conto di quanto eventualmente convenuto dall’organismo con il debitore, e ne autorizza il pagamento.

Nel caso in cui il piano non sia stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del piano ed un termine per il loro compimento. In caso le prescrizioni non vengano adempiute il giudice revoca l’omologazione.

l’art. 82 CCI disciplina la revoca dell’omologazione, la quale è assimilata in modo del tutto analogo a quanto fatto per la ristrutturazione dei debiti del consumatore29, salvo anche in tal caso alcuni aspetti specifici.

Il giudice revoca l’omologazione d’ufficio o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il debitore quando:

– è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo;

– è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo;

– sono state dolosamente simulate attività inesistenti;

– risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

– nel caso di mancata esecuzione integrale del piano, fermo quanto previsto dall’art. 81, comma 5, o qualora il piano sia divenuto inattuabile e non sia possibile modificarlo.

Infine, L’articolo 83 CCI si pone a chiusura degli articoli dedicati alla procedura di concordato minore e disciplina la revoca dell’omologazione, in maniera del tutto analoga a quanto fa l’art. 73 per la ristrutturazione dei debiti del consumatore. È opportuno tuttavia aggiungere che la disposizione non detta alcuna disciplina per l’ipotesi dove invece che la declaratoria di liquidazione controllata, si debba giungere a quella di liquidazione giudiziale. Tale aspetto sembrerebbe non riguardare i debitori appartenenti a tale procedura, ma non è del tutto escluso: infatti, è ben possibile che potendo essere decorso il termine di legge e avendo il concordato minore ad oggetto una start-up innovativa, superati i parametri richiesti dall’art. 2 CCI, si dovrà necessariamente procedere all’apertura di una liquidazione giudiziale e non tanto a quella controllata, oppure perché dall’occultamento del passivo o dell’attivo potrebbe appunto far emergere una situazione di superamento, anche in tal caso, dei limiti dimensionali di un’impresa tali da giustificare l’apertura di una liquidazione giudiziale.

1 sulla considerazione che tale procedura si presta maggiormente a situazioni debitorie più complesse e con un regime di tutele minoritario.

2 Tale questione, seppur alla base delle procedure concorsuali concordatarie, non deve togliere lo sguardo dalla reale finalità della procedura che resta costituita da una finalità di soddisfacimento dei creditori; tale per cui la soluzione prospettata deve essere migliorativa rispetto ad una soluzione liquidatoria: equiparata a quella concordataria, ovvero che l’alternativa non deve necessariamente apportare un quid pluris rispetto alla liquidazione, quanto piuttosto che non sia peggiorativa.

3 Sul punto è doveroso evidenziare come si sia pronuncia la Suprema Corte con decisione del 26 luglio 2023 n. 22699 in risposta a delle questioni sollevate dalla Corte d’appello di Firenze in tema di sovraindebitamento: infatti, la Corte doveva risolvere la problematica di quale procedura fosse applicabile nel caso di un imprenditore che avesse cessato la propria partita iva senza estinguere tutti i debiti imprenditoriali. La questione poneva a raffronto 2 orientamenti contrastarti, ovvero il primo che riteneva che in situazioni del genere oltre alla procedura liquidatoria, il soggetto che si trovava in tale situazione poteva fare accesso alla ristrutturazione del debiti del consumatore – corrente appoggiata dallo scrivente – e l’opposta corrente che, diversamente, non riteneva applicabile tale procedura per la natura del debito, ma riteneva piuttosto applicabili la procedura di concordato minore. La Suprema Corte, con la decisione di cui sopra, ha ritenuto errate entrambe le correnti, dichiarando che in ipotesi similari tali soggetti possano presentare unicamente una procedura di tipo liquidatorio (per una più dettagliata analisi si rimanda alla Pronuncia sopra richiamata). Tale assunto non può qui essere condiviso perché negherebbe ad un indebitato di poter predisporre una soluzione concordataria (che sia concordato minore o ristrutturazione dei debiti del consumatore) piuttosto che una liquidazione dell’intero proprio patrimonio anche in ossequio al principio di uguaglianza come sancito dall’art. 3 della Costituzione.

4 Il primo comma dell’art. 74, ci dice che i debitori in sovraindebitamento “possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l’attività imprenditoriale o professionali”;

5 il secondo comma dell’art. 74 riconosce la possibilità di poter presentare il concordato minore anche nel caso in cui non vi sia continuità aziendale, ma in tal caso “il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori”.

6 Può infatti prevedere anche la suddivisione dei creditori in classi, suddivisione che invece è obbligatoria per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi.

7fermo il disposto dell’art. 46, i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili e di partecipazioni societarie di controllo, le concessioni di ipoteche o di pregno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”.

8 Art. 75, co. 2 CCI

9 Se nel circondario non vi sono OCC competenti i compiti e le funzioni allo stesso attribuiti sono svolti da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’art. 358, nominati dal presidente del Tribunale competente o da un giudice da lui delegato, individuati, ove possibile, tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202.

10 Seppur nella prassi, come avevamo visto nell’articolo dedicato, è sempre il difensore a dare seguito al deposito della ristrutturazione: deposito che, salvo per quanto pattuito dal Tribunale di Crotone, Sent. 31.10.2022, è e deve essere ammissibile.

11 Tale aspetto è di fondamentale importanza, come anche già evidenziato nel precedente volume dedicato alla ristrutturazione dei debiti, poiché se l’ente finanziatore ha concesso finanziamenti senza rispettare il merito creditizio questo non potrà presentare eventualmente opposizione all’omologa del concordato.

12 Tale termine è posto dal legislatore a garanzia della speditezza della procedura, evitando che i lunghi tempi degli uffici pubblici possano creare disagio o stallo alla prosecuzione della procedura.

13 Art. 76, Co. 6 CCi.

14 E dunque provare lo svolgimento di un’attività astrattamente inquadrabile come tale;

15 e dunque il mancato raggiungimento delle soglie indicate dal suddetto articolo 2 CCI.

16 In sintonia con la scelta operata dal Legislatore del codice a proposito delle misure protettive che vengono disposte in occasione del concordato preventivo, anche le misure protettive nel caso del concordato minore non sono automatiche, ma vengono disposte su istanza del debitore. La differenza sta nel fatto che le misure previste all’art. 78 una volta richieste sono senz’altro disposte, a prescindere da ogni valutazione giudiziale.

17 Figura che è sempre stata di rilievo centrale fin dall’introduzione delle procedure da sovraindebitamento ex l. 3/2012.

18 Secondo cui “i compiti del commissario giudiziale o del liquidatore nominati nelle procedure di cui al comma 1 sono svolti dall’OCC”.

19 Nel caso di scoperta di atti in frode.

20 Per gli atti di straordinaria amministrazione.

21 Art. 79, co. 1, primo capoverso: “Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto”.

22 Art. 79, co. 1, secondo capoverso: “Quando un unico creditore è titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato minore è approvato se, oltre alla maggioranza di cui al periodo precedente, ha riportato la maggioranza per teste di voti espressi dai creditori ammessi al voto”. Il legislatore ha voluto ciò tutelare la minoranza che diversamente, soggiacerebbe, alla scelta del creditore che detiene in sé un credito già sufficiente per l’ammissione del concordato stesso.

23 Il terzo capoverso dell’art. 79, co. 1 dispone che “quando sono previste diverse classi di creditori, il concordato minore è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto è raggiunta anche nel maggior numero di classi”.

24 Art. 79, comma 3 CCI.

25 Tale aspetto è stato regolato al fine di adeguare interamente la norma alla previsione di cui all’art. 117, comma 2 CCII e ciò ad ulteriore conferma della non compatibilità dell’intera disposizione e dunque del suo mancato richiama all’art. 74, comma 4.

26 Si veda sul punto Trib. Di Nola del 30 gennaio 2023, il quale dispone 2 ipotesi di convenienza, ovvero il caso che la proposta sia almeno pari all’alternativa liquidatoria del complessivo ceto creditorio e/o migliorativa delle ragioni creditorie erariali o degli enti di previdenza.

27 Si fa riferimento all’art. 71 CCI.

28 La stima dovrà essere fatta da un professionista indipendente.

29 Ex art. 72 CCI.