Abbiamo già avuto modo di approfondire la tematica del Piano del Consumatore, istituto disciplinato dalla Legge n. 3 del 27 gennaio 2012, anche nota come Legge sul Sovraindebitamento, così come aggiornata dal D.L. 137/2020 convertito nella Legge 176 del 18 dicembre 2020.

La L.176/2020, come noto, ha apportato molte rilevanti modifiche alla Legge sul Sovraindebitamento, anche nell’ottica di anticipare l’entrata in vigore di alcune novità previste dal Codice della Crisi di Impresa, di imminente entrata in vigore (16 maggio 2022).

La falcidiabilità del credito del finanziatore garantito da cessione del quinto

Con il presente excursus, oggi vogliamo soffermarci sul comma 1 bis dell’art. 8 della L. 3/2012 introdotto proprio dalla L. 176/2020, che così recita: “La proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, secondo periodo”.

Il nuovo comma ha innanzitutto statuito che il credito del finanziatore, garantito da cessione del quinto, debba essere considerato falcidiabile.

Sin dall’entrata in vigore della Legge nel 2012 aleggiava molta incertezza sul punto: il dubbio principale infatti risiedeva nel chiedersi se il finanziamento assistito dalle “cessioni del quinto” dovesse essere rimborsato secondo il piano di ammortamento originariamente concordato oppure dovesse essere oggetto di falcidia. Tale aspetto è spesso fondamentale nell’economia di quelle numerosissime procedure in cui gran parte dell’attivo messo a disposizione dei creditori consiste in una quota dello stipendio o della pensione del soggetto sovraindebitato. Di conseguenza, è ovvio che l’impossibilità di poter contare su tutto lo stipendio (o su tutta la pensione), ma solo sulla parte di esso che eccede la quota ceduta alla finanziaria, incide in modo assai rilevante sulla quota di reddito destinabile agli altri creditori, compromettendo in qualche modo la par condicio creditorum. 

Ad ogni modo, il nuovo comma 1-bis dell’art. 8 ha definitivamente avvalorato la dottrina maggioritaria che da tempo infatti sosteneva la falcidiabilità del credito assistito dalla cessione del quinto, per le seguenti considerazioni:

  1. essendo il sovraindebitamento certamente una procedura concorsuale, ad esso devono essere applicate per analogia le norme previste per le procedure concorsuali maggiori;
  2. la normativa sul sovraindebitamento indica esplicitamente i crediti che non possono essere oggetto di falcidia e tra di essi non figura quello del cessionario del quinto. 

La falcidia e la ristrutturazione dei debiti applicabile a tutte le procedure di sovraindebitamento

Dal tenore puramente letterale dell’articolo succitato, pare desumersi che il legislatore, specificando con precisione la possibilità di falcidiare e ristrutturare i debiti derivanti da finanziamenti con cessione del quinto unicamente nell’ambito del piano del consumatore, abbia voluto precludere tale possibilità nelle altre procedure (es. accordo di composizione della crisi), benché l’art. 8 sia rubricato “Contenuto dell’accordo o del piano del consumatore”. Ciò ha dato impulso ad un nuovo dibattito in dottrina, “risolto” poi dalla giurisprudenza maggioritaria (cfr. Tribunale di Firenze del 03.07.2018; Tribunale di Livorno 21.05.2021; Tribunale di Genova 24.09.2021) che ha ritenuto applicabile a tutte le procedure di sovraindebitamento l’inopponibilità della cessione del quinto, che il nuovo art. 8 comma 1 bis L. 3/2012 esplicitamente prevede solo per il piano del consumatore. A rifletterci bene, l’interpretazione più restrittiva rappresenterebbe un notevole passo indietro nella promozione delle procedure di sovraindebitamento e nella tutela del principio della par condicio creditorum.

Cessione del quinto derivante da un provvedimento giudiziale: la questione di legittimità dell’art. 8 c. 1 bis L. 3/2012

Sempre dal tenore letterale della norma, parrebbe che il legislatore abbia limitato la falcidiabilità alla sola fattispecie della cessione del quinto derivata da un atto di autonomia privata, escludendo quindi l’ordinanza giudiziale di assegnazione di quota parte dello stipendio. 

A tal proposito, Il tribunale di Livorno, in occasione di un caso deciso nell’aprile 2021, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale, in relazione all’art. 3 Cost., dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012, con riferimento alla mancata previsione, nel piano del consumatore, anche della falcidia e della ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore avesse già ottenuto un’ordinanza di assegnazione di una quota dello stipendio, del TFR o della pensione, con inefficacia dei pagamenti successivi all’omologazione del piano, adducendo quale motivazione il fatto “di non poter estendere in via analogica la disposizione dettata per la cessione volontaria del quinto anche alle ordinanze giudiziali di assegnazione, stante il carattere specifico ed espresso della norma”.

Il caso 

Nel 2021 presso il Tribunale di Livorno veniva depositata da parte di due debitori una proposta congiunta di piano del consumatore per la composizione della crisi da sovraindebitamento.

Tuttavia, il giudice designato con provvedimento dichiarava inammissibile la richiesta di omologa del piano del consumatore, dal momento che l’anno precedente un creditore chirografario, inserito nel piano, aveva ottenuto un’ordinanza di assegnazione del quinto dello stipendio di uno dei soggetti sovra indebitati.

Il citato provvedimento di assegnazione, non impugnato e dunque divenuto definitivo, rendeva impossibile, secondo il Giudice del tribunale toscano, l’approvazione del piano, posto che nella procedura di sovraindebitamento non è prevista una sospensione automatica delle procedure esecutive, che, viceversa, opera nell’ambito del concordato preventivo. 

I soggetti istanti presentavano quindi reclamo al Collegio del Tribunale contro detto provvedimento invocando l’applicazione analogica dell’art. 44 della legge fallimentare, che rende inefficaci i pagamenti eseguiti dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento. Ma il Collegio rimettente, condividendo la decisione del Tribunale, rigettava il ricorso escludendo che la natura concorsuale della procedura del piano del consumatore comportasse l’applicazione analogica delle disposizioni dettate per il fallimento e, segnatamente, dell’art. 44 della legge fallimentare.

Nella decisione in esame, il giudice del Tribunale di Livorno rimetteva la decisione alla Corte Costituzionale circa la non applicabilità -neppure in via analogica- dell’art. 8, comma 1-bis.

La sentenza delle SS.UU. 

Ebbene, La Corte Costituzionale, con sentenza n. 65/2022, ha ritenuto infondata la questione di legittimità dell’art. 8, comma 1 bis, L. 3/2012, come introdotto dalla L. 176/2020 sul presupposto  che la norma non richiama testualmente la mera cessione volontaria, ma bensì qualsiasi cessione del credito, non potendo dunque escludersi a priori un possibile riferimento implicito anche alla ipotesi della cessione coattiva; del resto, la ratio della norma consente di comprendere qualsiasi tipologia di debito per il quale la modalità di adempimento sia stata affidata alla cessione pro solvendo del credito, ivi inclusa l’ipotesi in cui tale cessione derivi da un provvedimento giudiziale, anziché da un atto di autonomia privata. La Corte pare dare così attuazione allo spirito della legge, finalizzata alla protezione di un soggetto contrattualmente e socialmente debole, qual è il consumatore sovraindebitato, nonché al rispetto della par condicio creditorum.

Con la sentenza succitata la Corte ha inoltre affrontato definitivamente (aderendo alla posizione del Tribunale livornese) la questione dell’applicazione analogica dell’art. 44 l. fall. al piano del consumatore, un tema fino ad allora molto dibattuto in dottrina e giurisprudenza:.

Testualmente, la Corte afferma che <<[……] fintantoché il piano non viene omologato, i pagamenti eseguiti dal debitore ceduto sono certamente efficaci. In questa prospettiva, deve confermarsi la non applicabilità alla procedura concorsuale relativa al piano di ristrutturazione della disciplina di cui all’art. 44 della legge fallimentare, che rende inefficaci tutti i pagamenti eseguiti a partire dalla dichiarazione di fallimento. Nel caso della procedura concorsuale in esame è, infatti, l’omologazione del piano che rende inefficaci gli adempimenti eseguiti in difformità rispetto al suo contenuto, in virtù di quanto dispone l’art. 13, comma 4, della legge n. 3 del 2012>>.

La pronuncia di legittimità dunque fissa nella data di omologazione del piano il momento a decorrere del quale i pagamenti eseguiti dal debitore ceduto possono ritenersi inefficaci, ove non conformi al piano omologato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 comma 4 l. 3/201212.

Quanto ai pagamenti effettuati dopo l’avvio della procedura ma in conformità al piano, è possibile affermare che l’importo del credito dell’assegnatario su cui calcolare la percentuale di pagamento prevista dal piano sarà quello esistente alla data del deposito del ricorso; inoltre i pagamenti eseguiti in favore di detto creditore dopo il deposito del ricorso dovranno essere imputati alla somma falcidiata da corrispondere in esecuzione del piano.

 

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