Che cos’è

Il piano del consumatore è una delle procedure per rimediare alla crisi da sovraindebitamento: rappresenta dunque uno strumento giuridico molto utile in quanto trattasi di un vero e proprio programma di rientro e rinegoziazione, attraverso il quale i consumatori che versano in difficoltà economiche possono rinegoziare i propri debiti. 

Il piano del consumatore (come le altre procedure di sovraindebitamento) è disciplinato dalla Legge n.3 del 27 gennaio 2012, il cui testo è stato aggiornato in seguito alle modifiche apportate dalla Legge 18 dicembre 2020, n.176 (Legge di conversione del C.d. Decreto Ristori).

Attraverso tali modifiche, si è voluto semplificare l’accesso alle procedure di superamento della crisi da sovraindebitamento per imprese e consumatori, anticipando l’applicazione di alcune disposizioni del nuovo Codice della Crisi d’impresa non ancora vigenti. Ricordiamo infatti che il termine originario per l’entrata in vigore del Codice era il 15 agosto 2020, poi rinviata al 1 settembre 2021 dal c.d. Decreto Liquidità; infine, la Legge n. 147/2021 (legge di conversione del D.L. sulla crisi di impresa) ne ha ulteriormente rinviato l’attuazione al 16 aprile 2022. A tale data è dunque rimandata l’abrogazione della Legge 3/2012 attualmente in vigore, in favore del nuovo Codice della Crisi di Impresa.

Beneficiari del Piano

L’ambito soggettivo di applicazione della normativa è specificato all’art. 6 della stessa L. 3/2012 così come modificata dal Decreto Ristori, laddove, al primo comma, richiama espressamente la figura del debitore ed al secondo comma fornisce una definizione di “consumatore” oltre che di sovraindebitamento.

Soffermandoci sulle definizioni contenute nel secondo comma dell’art. 6 della L. 3/2012:

a) per “sovraindebitamento” si intende la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente;

b) “consumatore” è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali (ndr società in nome collettivo, in accomandita semplice e in accomandita per azioni).

Novità introdotte con riferimento alla modifiche apportate dalla L. 176/2020

In base a quanto appena letto, il legislatore, anticipando alcuni effetti del Codice della Crisi di Impresa, assimila al consumatore e dunque estende l’applicazione della disciplina anche al socio di una società di persone, all’imprenditore sottosoglia (imprenditore piccolo e/o artigiano), all’imprenditore agricolo (ex. 2135 c.c.), al socio illimitatamente responsabile, al Professionista, agli Enti del terzo settore e alle startup innovative, al consumatore nonché ad ogni altro debitore perché soggetto non fallibile e, dunque, non rientrante nelle disposizioni previste dalla Legge Fallimentare (R.D. 267/1942), e a condizione che abbia contratto debiti estranei a quelli sociali.

La L. n. 176/2020 ha anche introdotto ex novo l’art. 7-bis della L. 3/2012, rubricato “procedure familiari”: nella sostanza, i membri di uno stesso nucleo famigliare, laddove il sovraindebitamento abbia un’origine comune, possono considerarsi come un unico debitore e dunque autorizzati a presentare un’unica procedura di composizione della crisi. La stessa eccezione di “famiglia” viene intesa in senso ampio. Il secondo comma dell’art. 7-bis annovera tra membri della stessa famiglia i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto. Tale novità normativa dovrebbe dunque portare una maggiore economicità della procedura da sovraindebitamento proposta e una più performante organizzazione della medesima in quanto viene garantita una maggiore uniformità di trattamento.

Cosa prevede la normativa

In base a quanto previsto dalla normativa, dunque, il debitore persona fisica, che si trovi in difficoltà economica tale da non poter adempiere alle proprie obbligazioni, può vedersi riconosciuto il diritto di pagare i debiti diversamente da come previsto dai contratti sottoscritti, ovvero di non pagarne una parte consistente, che verrà cancellata (in tal caso si parla di esdebitazione del sovraindebitato).

I motivi del debito

Da specificare che il diritto di accesso al piano di rientro è riservato alle persone fisiche che hanno contratto i debiti per motivi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale (cioè ai consumatori). È inoltre necessario dimostrare che la situazione di sovraindebitamento non sia addebitabile alla colpa del soggetto richiedente e quindi non discendente dalla sua volontà (es. perdita del lavoro, crisi familiari, infortuni, malattie ecc.) nonostante la diligenza impiegata nell’assumere le obbligazioni medesime. 

Per accedere all’esdebitazione, il debitore dovrà quindi dimostrare che la propria situazione debitoria non derivi da una sua gestione irresponsabile delle risorse finanziarie e patrimoniali a disposizione (ad esempio, non potrebbe usufruire del piano del consumatore un soggetto che abbia contratto finanziamenti per importi palesemente al di sopra delle proprie possibilità economiche), ovvero che il proprio sovra indebitamento non sia imputabile ad un ricorso al credito colposo e non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali da parte di un soggetto Finanziatore. L’art. 7 della Legge 3/2012, poi, esclude dal beneficio il debitore che sia soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge in questione, ovvero che abbia già fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, al Piano del consumatore, il debitore che sia stato dichiarato decaduto da un precedente Piano del consumatore o abbia già beneficiato dell’esdebitazione per due volte.

A chi rivolgersi

Per presentare la proposta di accordo, il consumatore può rivolgersi ai cosiddetti Organismi di Composizione della Crisi (OCC) oppure a professionisti abilitati come commercialisti, avvocati e notai.
Questi ultimi si occupano della predisposizione della proposta del piano di ristrutturazione del debito che, in base alle effettive disponibilità del debitore e alle sue necessità di sostentamento, preveda il pagamento di una quota percentuale dei vari crediti esistenti con scadenze prestabilite.

Come funziona 

Ai fini di una ottimale predisposizione del piano, il debitore è dunque tenuto a fornire al professionista informazioni corrette ed esaurienti, nonché documentazione idonea al fine di permettere una quanto più completa ricostruzione della sua condizione patrimoniale e reddituale.

È proprio questo l’aspetto più importante della procedura: se il piano viene successivamente approvato dal Giudice mediante omologazione, il debitore sarà tenuto a pagare solo le somme in esso indicate, che corrispondono ad una percentuale determinata e inferiore a quelle effettivamente dovute e sarà completamente libero da ogni debito in modo definitivo. 

Va ricordato, inoltre, che nel computo delle somme messe a disposizione dei creditori possono rientrare anche crediti futuri (ad esempio, il Tfr non ancora maturato). Come prescritto all’art. 9 della L. 3/2012, oltre alla predisposizione del piano, l’organismo per la composizione della crisi provvede alla stesura di una relazione, che deve contenere:

a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni (dunque che il richiedente non si è indebitato per sua colpa);

b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;

c) la valutazione sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda;

d) l’indicazione presunta dei costi della procedura;

e) l’indicazione della valutazione del merito creditizio da parte del soggetto finanziatore in relazione al reddito disponibile del debitore, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita.

L’omologazione da parte del Giudice

A questo punto, la proposta di piano e la relazione viene depositata presso il Tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore chiedendone al Giudice l’omologazione (ndr. approvazione), unitamente alla documentazione a corredo della relazione.

Ricevuta la proposta, il giudice fissa un’udienza in cui possono intervenire anche i creditori, presentando le proprie osservazioni. Il provvedimento di accoglimento o di rigetto della proposta deve pervenire entro sei mesi dal deposito. Se il giudice ritiene la proposta meritevole d’accoglimento, omologa il piano del consumatore senza la necessità del consenso da parte dei creditori i quali, da quel momento in poi, non possono più attivare o proseguire procedure di espropriazione o azioni cautelari ai danni del debitore.

Quest’ultimo, dal canto suo, sarà tenuto a rispettare le scadenze previste dal piano, poiché in caso di mancato pagamento decadrà da ogni beneficio e il piano perderà efficacia.

Al termine del periodo di pagamento previsto nel piano del consumatore omologato (in genere della durata di qualche anno), il debitore sarà legittimamente considerato libero a tutti gli effetti da ogni debito, pur avendo pagato, complessivamente, solo una parte delle somme effettivamente dovute.

Si riporta qui di seguito un fac simile di ricorso al Giudice per l’omologa del Piano del Consumatore, che vuole essere una semplice guida per la redazione di un atto che andrà calibrato caso per caso.

Fac-simile piano del consumatore (588 download )

 

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