Avvicinarsi ai mercati esteri non è facile per le imprese italiane. L’internazionalizzazione imprese è una branca specifica che vede intersecarsi economia aziendale, diritto internazionale, ma che prevede anche una buona capacità di analisi di un mercato locale estero.

Un mercato sostanzialmente diverso da quello che vediamo sotto i nostri occhi, con le sue normative, i suoi canali logistici, le sue dogane.

Perché ha senso l’internazionalizzazione imprese?

Se facciamo una panoramica sulle aziende che hanno resistito alla crisi da Covid-19 riusciamo ad isolare quattro principali fattori di successo:

  • Innovazione
  • Flessibilità
  • Differenziazione delle attività
  • Internazionalizzazione

Se sull’innovazione possono venirci incontro i vari incentivi governativi della Legge di Bilancio 2021, oltre a quelli preesistenti, purtoppo sull’internazionalizzazione delle imprese italiane c’è spesso poca chiarezza.

Ciò vale soprattutto per le PMI e per chi non prevede nell’organico aziendale una professionalità deputata a questo compito.

I problemi dell’internazionalizzazione imprese

La pandemia di Covid di marzo-aprile 2020(come riporta ISTAT) ha sì ingenerato un calo dell’export per le imprese italiane, ma ha anche messo in luce il vantaggio di essere una multinazionale. Inoltre, a giugno 2020, l’export è ripreso regolarmente con un rimbalzo di

maggio 2020 di vendite ai mercati Ue (+33,7%) ma anche extra-Ue (+36,5%).

I benefici dell’ampliamento a mercati esteri sono evidenti, soprattutto verso l’Est Europa e i Paesi Arabi. Eppure, l’internazionalizzazione delle imprese italiane si scontra contro alcune difficoltà comuni:

1)   Difficoltà a trovare partner locali adeguati

Non è facile infatti aprire nuovi canali commerciali quando non si sa a quali entità rivolgersi. Non solo in termini di logistica, servizi e distributori, ma anche quanto a referenti veri e propri.

2)   Normative import/export

Le normative import/export non sono sempre immediate, quindi all’impresa serve una conoscenza approfondita degli Incoterms prima di inaugurare le proprie operazioni estere.

Secondo un’analisi delle aziende italiane dell’ottobre 2020, riportata dal Sole24Ore, il 42% delle imprese italiane si ferma di fronte alla contrattualistica, quando si rivolge a mercati esteri.

C’è anche la difficoltà della lingua: un dettaglio non da poco soprattutto se parliamo di alcuni dei partner più di successo per l’Italia, come i Paesi Arabi.

3)   Problemi di proprietà intellettuale

Questo problema costituisce un aspetto da non sottovalutare quando ci si immette in un mercato estero. La proprietà intellettuale è infatti tutelata da specifiche che variano da Paese a Paese, e spesso è dispendioso e inutilmente faticoso assumere un consulente estero, che proviene dal mercato locale verso il quale l’azienda si rivolge.

In più, scegliere da soli un consulente in un Paese il cui mercato si conosce poco può essere un vero e proprio azzardo.

4)   Dogane

Le dogane diventano a volte una barriera logistica, se un’azienda non ne comprende fin da subito le delicate dinamiche. Un’ulteriore fatica, per quanto riguarda la gestione delle dogane, è mantenersi aggiornati: spesso infatti cambiamenti politici nei Paesi in cui si esporta hanno un effetto diretto su importanti svolte normative alla dogana.

La Brexit ne è un esempio, ma anche i conflitti in alcuni Paesi africani, giusto per citarne due.

Questi scenari sono quanto mai reali e molto ricorrenti nelle aziende italiane che si rivolgono al nostro studio, specializzato in internazionalizzazione imprese.

Rivolgersi a un consulente esperto può aiutare a non sbagliare, soprattutto in una fase iniziale.

Ricordiamo che Studio Mallozzi offre servizi avanzati e professionali:

  • Avvocato operazioni doganali
  • Avvocato pagamenti internazionali (specializzato in Incoterms)
  • Avvocato internazionalizzazione imprese.

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